13 febbraio 2021: sette ragazzi afghani, tra i quali quattro minorenni, vengono scoperti all’interno di un camion proveniente da Trieste, dopo essere passati lungo la rotta balcanica dell’immigrazione clandestina. Addosso, soltanto una tuta: partiti da Kabul a piedi e con mezzi di fortuna, erano rimasti bloccati nei campi profughi bosniaci, tra il freddo dell’inverno e l’incertezza del presente. Uno di loro era partito tre anni fa, quando aveva solo undici anni. Un giorno decidono di tentare il tutto per tutto: squarciano il telone di copertura di un tir e si infilano nel rimorchio per raggiungere il loro sogno, la Francia.
Arrivato a Torino, l’autista si accorge di loro. Subito soccorsi, i ragazzi raccontano la paura, la fatica, la fame. Uno di loro ha dato tutto ciò che aveva – 1.000 euro – a un trafficante di uomini, che lo ha caricato sul camion insieme agli altri.
Poi, finalmente l’Italia. I ragazzi vengono accolti in diverse famiglie per iniziare il percorso di regolarizzazione e di richiesta di asilo, uno dei pochissimi modi per restare legalmente in Europa.
A Casa Aylan c’è una famiglia, quella di Alice e Federico, disposta ad accogliere due di loro. Nella casa ci sono già altri ragazzi che si danno subito da fare per preparare la stanza per i nuovi arrivati. Spostano i letti, puliscono i pavimenti e nel mezzo della camera sistemano un calcio balilla, simbolo di un’età da ritrovare: a quattordici anni, i due ragazzi afghani hanno già alle spalle lunghi viaggi, rischi e il peso della lontananza dalla propria famiglia.
In Casa Aylan chi è stato accolto impara ad accogliere, seguendo l’esempio di Alice e Federico, che hanno scelto di condividere il loro cammino con i ragazzi e dare loro l’affetto di una famiglia. Così, all’ingresso della casa, si aggiungono i colori della bandiera afghana a quelli dell’Egitto (Amr e Zeyad), dell’Albania (Alex), della Costa D’Avorio (Abdullahi) e dell’Italia.
Come le bandiere, anche i sogni di ognuno hanno colori diversi. I ragazzi di Casa Aylan sono adolescenti che affrontano il futuro a fianco di adulti dei quali stanno imparando a fidarsi giorno dopo giorno. Uno dei due ragazzi afghani ha deciso di rimettersi in viaggio verso la Francia, le sue aspettative e i suoi desideri sono stati più forti di qualsiasi proposta. L’altro ospite è rimasto qualche giorno in più, coltivando sogni e pensieri e giocando a calcio balilla. Talvolta non serve parlare la stessa lingua, ma basta stringersi attorno a un piccolo campo per tornare a essere ciò che si è: semplicemente ragazzi.